venerdì 24 giugno 2011

Quasi in parabola




La poesia autobiografica ci porta negli anni trenta. La povertà come esperienza di vita e valore la troviamo in un altra composizione, "Il Pianto del Povero" nella raccoltà "Umanità", pubblicata nel volume "Come in Trasparenza"
Nella foto vediamo l'abitazione, tuttora esistente, al numero 7 di Via dei Mille a Fidenza.

1 commento:

  1. Grazie, D. Lino, per questo spaccato di vita tribolata e grazie a te, Ambrogio, per la foto e per esserti fatto tramite di tanta bellezza.
    Come dimenticare le nostre lavandaie, con il viso che grondava da šmöj, i capelli imperlinati di goccioline ed arricciati dal vapore che si alzava dal näväsöl. E le mani...e le braccia... bruciati da l'älsìa. D'inverno erano infagottate in rozzi e vecchi abiti sovrapposti che, l'acqua saponata inzuppava nonostante èl scusäl äd tela insräda. Persino la pesante biancherìa intima si bagnava ed, alla sera, doveva essere stesa sulla "rosa" della stufa. Proprio il grembialone di tela incerata o di gomma, era un facile veicolo per il ranno del cich-ciach della sbattitura, che si scaricava lungo le caviglie penetrando, inesorabilmente, nelle rustiche calzature. Ecco perchè le lavandaie, spesso, indossavano zoccoli di legno anche d'inverno. Qualcuna di loro usava stivali di gomma che, ben presto, diventavano ricettacolo di torrentelli d'acqua, imbibida da dü o tri pär äd cälsi šgröžži. Una volta tolte, i gh'erän da turžir tanme i pâgn lävè.

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