venerdì 9 marzo 2012

Le dieci parole di Dio per essere felici



Trascrizione del breve intervento di don Lino durante la lettura biblica di giovedì  8 marzo 2012
Non voglio aggiungere parole, ma piuttosto richiamare un criterio: ciascuno di noi - famiglia, persona, comunità, società - dia importanza nell’essere attento ad accogliere le frecce appuntite che la Parola veicola.
Qualcuno ad esempio è ferito dalla Parola; ognuno ha la sua reazione personale e si sente chiamato in causa concretamente. Il silenzio qui e a casa è un silenzio di interiorizzazione della Parola sentita e accolta in modo da poter rispondere a questa domanda: cosa dice a me oggi il Signore con questa Parola? Quindi sono chiamato a custodire la Parola e maturare il punto che mi ha colpito maggiormente.
Tenere presente la Parola non è solo un insegnamento, ma è anche conoscere l’agire di Dio. Dio fa in me quello che mi viene detto, produce quello che indica. La Parola crea. Non mettiamoci di fronte alla Parola come ad una nostra opera, perché è Dio che opera; e chiediamo di essere docili a questa sua azione.
La Parola è accompagnata dalla potenza di Dio, che fa essere, di un peccatore, un santo.
Suggerimento: non leggere o ascoltare la Parola senza che diventi preghiera. Sarebbe un errore, perché annullerebbe la forza della Parola stessa. L’implorazione (personale e comunitaria) è essenziale per un ascolto fruttuoso. Ecco perché facciamo silenzio dopo le letture e riceviamo un sobrio aiuto dalle testimonianze. Per questo chiediamo, durante l’incontro, di suggerire motivi di preghiera avvertiti come i più urgenti e i più veri.



Anno B
 (trascrizione delle letture bibliche del
2009 (sempre anno B) 3^ domenica di Quaresima

La legge fu data per mezzo di Mosè.
Dal libro dell'Esodo
[ In quei giorni, Dio pronunciò tutte queste parole: «Io sono il Signore, tuo Dio, che ti ho fatto uscire dalla terra d’Egitto, dalla condizione servile:
Non avrai altri dèi di fronte a me.
]
Non ti farai idolo né immagine alcuna di quanto è lassù nel cielo, né di quanto è quaggiù sulla terra, né di quanto è nelle acque sotto la terra. Non ti prostrerai davanti a loro e non li servirai. Perché io, il Signore, tuo Dio, sono un Dio geloso, che punisce la colpa dei padri nei figli fino alla terza e alla quarta generazione, per coloro che mi odiano, ma che dimostra la sua bontà fino a mille generazioni, per quelli che mi amano e osservano i miei comandamenti.
[ Non pronuncerai invano il nome del Signore, tuo Dio, perché il Signore non lascia impunito chi pronuncia il suo nome invano.
Ricòrdati del giorno del sabato per santificarlo.
] Sei giorni lavorerai e farai ogni tuo lavoro; ma il settimo giorno è il sabato in onore del Signore, tuo Dio: non farai alcun lavoro, né tu né tuo figlio né tua figlia, né il tuo schiavo né la tua schiava, né il tuo bestiame, né il forestiero che dimora presso di te. Perché in sei giorni il Signore ha fatto il cielo e la terra e il mare e quanto è in essi, ma si è riposato il settimo giorno. Perciò il Signore ha benedetto il giorno del sabato e lo ha consacrato.[ Onora tuo padre e tua madre, perché si prolunghino i tuoi giorni nel paese che il Signore, tuo Dio, ti dà.
Non ucciderai.
Non commetterai adulterio.
Non ruberai.
Non pronuncerai falsa testimonianza contro il tuo prossimo.
Non desidererai la casa del tuo prossimo. Non desidererai la moglie del tuo prossimo, né il suo schiavo né la sua schiava, né il suo bue né il suo asino, né alcuna cosa che appartenga al tuo prossimo».
]
Prima Lettura Es 20, 1-17 [ forma breve ]

Seconda Lettura 1Cor 1,22-25
Annunciamo Cristo crocifisso, scandalo per gli uomini, ma, per coloro che sono chiamati, sapienza di Dio.

Dalla prima lettera di Paolo apostolo ai Corinzi

Fratelli, mentre i Giudei chiedono segni e i Greci cercano sapienza, noi invece annunciamo Cristo crocifisso: scandalo per i Giudei e stoltezza per i pagani; ma per coloro che sono chiamati, sia Giudei che Greci, Cristo è potenza di Dio e sapienza di Dio.
Infatti ciò che è stoltezza di Dio è più sapiente degli uomini, e ciò che è debolezza di Dio è più forte degli uomini.
  • Parola di Dio
Vangelo Gv 2,13-25
Distruggete questo tempio e in tre giorni lo farò risorgere.
Dal vangelo secondo Giovanni
Si avvicinava la Pasqua dei Giudei e Gesù salì a Gerusalemme. Trovò nel tempio gente che vendeva buoi, pecore e colombe e, là seduti, i cambiamonete. Allora fece una frusta di cordicelle e scacciò tutti fuori del tempio, con le pecore e i buoi; gettò a terra il denaro dei cambiamonete e ne rovesciò i banchi, e ai venditori di colombe disse: «Portate via di qui queste cose e non fate della casa del Padre mio un mercato!». I suoi discepoli si ricordarono che sta scritto: «Lo zelo per la tua casa mi divorerà».
Allora i Giudei presero la parola e gli dissero: «Quale segno ci mostri per fare queste cose?». Rispose loro Gesù: «Distruggete questo tempio e in tre giorni lo farò risorgere». Gli dissero allora i Giudei: «Questo tempio è stato costruito in quarantasei anni e tu in tre giorni lo farai risorgere?». Ma egli parlava del tempio del suo corpo.
Quando poi fu risuscitato dai morti, i suoi discepoli si ricordarono che aveva detto questo, e credettero alla Scrittura e alla parola detta da Gesù.
Mentre era a Gerusalemme per la Pasqua, durante la festa, molti, vedendo i segni che egli compiva, credettero nel suo nome. Ma lui, Gesù, non si fidava di loro, perché conosceva tutti e non aveva bisogno che alcuno desse testimonianza sull’uomo. Egli infatti conosceva quello che c’è nell’uomo.
- Parola del Signore

RIFLESSIONE

La Quaresima è grazia di conversione e rinnovamento. Questo riguarda sia il rapporto con Dio che con i fratelli.
Stasera ci soffermiamo sulla Parola, proprio per trovare un ulteriore incitamento a cambiare nel senso positivo, cioè per essere sollecitati a camminare verso Dio in modo più alacre, più partecipato, più vivo.
Vorrei inoltre tentare di cogliere lo spunto di ogni lettura.
  • Partirei dalla prima lettura, perché esprime il tentativo di adattare la Parola di Dio in termini più comprensivi, più capaci di rendere il senso profondo di questa parola.
La prima sensazione di questo tentativo è di esprimere il bisogno di cogliere l’aspetto positivo. Prima però c’è un cambiamento di linguaggio corrente. Parliamo di dieci parole, cioè dei dieci comandamenti. La parola esprime nel nostro linguaggio con più efficacia il fatto che queste dieci parole fanno parte di un colloquio, di un dialogo tra noi e Dio.
La parola è il messaggio che Dio rivolge a noi per la nostra vita. Per prima cosa è allora importante cogliere cosa c’è di bello in queste espressioni.
Il termine ‘parola’ è creativo: oltre che al dialogo,dice anche una ricchezza, qualcosa che richiama la creazione. Dire “le dieci parole”, vuol dire continuare a ripetere la parola che dà vita e fa crescere.
La prima osservazione è sul perché la Parola viene usata al posto del comandamento. La Scrittura usa questo modo di esprimersi perché evidenzia l’alleanza tra due alleati che si parlano. Uno di questi è Dio, il creatore e la sorgente della Parola. Questo messaggio di vita tiene vivo il rapporto di comunione tra Dio e noi.
Dire comandamento è un’espressione che risuona meno evidente nella capacità di guidare la vita, perché dire comandamento fa pensare di più ad un ordine. La parola, invece, indica un sentiero, un cammino, un movimento positivo.
  • Alleanza – cammino – crescita – gioia.
Ognuna di queste parole è liberante, rilancia delle energie, comunica una luce e una forza, incoraggia, fa emergere il fondo del nostro cuore; lo libera dall’inganno, dall’illusione e dall’incantamento, dalle cose che sono apparentemente belle, ma ingannevoli.
Il termine Parola ci aiuta a cogliere che c’è un sentiero di vita.
Ripeto: queste osservazioni valgono per il mondo precedente e per quello attuale; anche per un cristiano di cento anni fa il comandamento si riferiva ad un dono, a una forza, ad una vita, però questo era meno evidente. Oggi lo possiamo cogliere con maggiore chiarezza e responsabilità.
Secondo gruppo di osservazioni: i comandamenti, secondo il Nuovo Testamento, hanno un prototipo, un modello supremo che è Gesù. Se io voglio capire le dieci parole o i dieci comandamenti devo rifarmi a Gesù, perché in Lui capisco cosa vuol dire seguire queste parole, vedo la vita venir fuori in modo fresco, intenso e supremo.
In Gesù c’è la fatica umana, la sofferenza della croce, ma non c’è la malinconia, la pesantezza per il fatto di dover obbedire a Dio. E questa è una fortuna, una grazia, un dono.
La sofferenza c’è quando nasce lo scontro tra le due mentalità, cioè quando Gesù avverte di non essere compreso. E questo lo vediamo anche nel Vangelo di oggi e nella reazione di Gesù di fronte al mercato che ruba spazi alla preghiera per affogare dentro gli affari.
Qui c’è tutta la sofferenza anche per le dieci Parole non seguite.
In Gesù colgo cosa vuol dire obbedire veramente al Padre: Dio non è un Padrone e io non sono uno schiavo; Dio è Padre, ti ama e ti indica la strada da percorrere per il tuo bene. A parte la reazione immediata di fronte ad uno scontro di mentalità e di comportamento, uno nelle dieci parole in fondo trova la pace, perché vede e coglie che il suo cuore è liberato, che il suo cammino è bello e spedito, che è bello seguire Gesù fino in fondo.
Gesù è il prototipo e perfeziona le dieci parole rivelandole in tutta la loro ricchezza. Per esempio nel rapporto con i nemici, Gesù ci invita ad amarli. E in Matteo si dice: Gesù non é venuto ad abolire al legge, ma a mostrarne tutta la sua portata, perché è vita. Più vai a fondo e più sei vivo.
Gesù sorgente, da Lui emana la Spirito e lo Spirito fa vivere le dieci parole. Noi troviamo in Gesù non soltanto un bell’esempio, ma la forza, l’attrattiva, il gusto per essere sul suo sentiero.
In sostanza possiamo dire questo: le dieci parole diventano sequela. Io seguo Gesù e, seguendolo, realizzo le dieci parole nel positivo che queste hanno; e, se vado a fondo nella sequela, tanto più trovo il bello di essere figlio di Dio e di vivere la sua Parola.
Ultimo gruppo di osservazioni.
Le dieci parole non sono dei cassetti, cioè qualcosa di chiuso in se stesso, ma formano un organismo dove le varie parole si comunicano, una sostiene l’altra. Il primo comandamento, che riguarda Dio, è il fondamento, e gli altri non possono fare a meno di questo fondamento.
Adorare Dio ed amarlo sopra ogni cosa, non è una raccomandazione a fianco delle altre, ma è il fondamento.
C’è un rapporto che lega i vari comandamenti e ci chiarisce cosa vuol dire essere figli che godono della Parola illuminata dal Padre.
Questa gerarchia però non corrisponde alla quantità: più si va alla radice più si restringe, come un albero che ha la sua effusione nelle foglie e nei frutti, ma tutto ha origine nelle radici.
Delle dieci parole, tre rimandano a Dio direttamente e le altre sette riguardano il prossimo; però sono tutte parole che esprimono un collegamento radicale, una sorregge l’altra. Se tu ti ribelli al Padre, ti ribelli anche ai fratelli. È un problema di relazione con Dio e con i fratelli. Il senso profondo è: vivere la comunione trinitaria già ora. Come il Padre e il Figlio sono legati intimamente, così noi siamo legati gli uni gli altri. È una cosa seria. Quando vivo le dieci parole, amo ed aiuto anche gli altri, sono una presenza positiva. C’è un corpo che cresce e si sviluppa.
Infine, e Gesù è molto chiaro nel dirlo, tutti i comandamenti, tutte le dieci parole si radunano in una, si sintetizzano nel comandamento dell’amore. Tutti i comandamenti sono riconducibili all’amore e questo nel Vangelo è molto chiaro e preciso. L’anima della Parola e del comandamento è l’amore: amare Dio e i fratelli.
Se uno ama, fa tutto. Amare non solo a parole o con il sentimento, ma amare con dedizione, con il servizio, con l’accoglienza, cioè con modi concreti.

  • Possiamo passare alla seconda lettura.
Dio è più forte degli uomini.
Infatti ciò che è stoltezza di Dio è più sapiente degli uomini, e ciò che è debolezza di Dio è più forte degli uomini”: Cristo, potenza e sapienza di Dio. In sostanza la strategia di Dio si esprime in Cristo crocifisso, in Cristo apparentemente perdente e debole. Lui in realtà è il più forte. Non è un gioco di parole, perché la parola stoltezza in bocca a Dio ha un senso diverso. L’uomo dice potenza e pensa alla ricchezza, alla forza, alla possibilità di dominare e di essere colui che tiene in mano il mondo. Dio non pensa così, Dio non rende schiavo nessuno. Anzi, Lui pensa il contrario e dice che la potenza di Dio, vista dall’uomo carnale, è debolezza, perché Lui perdona. Uno che perdona è un debole ed è così anche in tanti di quei gesti paradossali raccontati nel Vangelo, ma lo è solo in apparenza, se lo fa per amore.
Il criterio da vivere con gioia è questo: Dio fa giustizia ribaltando le situazioni che il peccato produce. In questo senso è un atto di giustizia, di forza, di verità, perché rovescia un mondo ingiusto che schiaccia l’uomo nella sua dignità.
Noi siamo chiamati a vivere questo criterio e ciò non vuol dire essere straccioni, ma saper valutare le cose, gli avvenimenti, i rapporti e i mezzi non fidandoci delle nostre strategie, ma sapendo vedere, per grazia e per nostra attenzione, dove stanno i veri valori.
Noi siamo chiamati a mettere nella storia questo criterio, cioè aiutare, valorizzare e promuovere chi è più ai margini, chi è rifiutato; e anche per noi personalmente siamo chiamati a saper valutare in modo cristiano le nostre debolezze, i nostri insuccessi, il nostro non stare sul piedistallo. Nel silenzio o parlando, se necessario, dobiamo lavorare perché ci sia una situazione dove chi è in alto scenda e chi è in basso sia promosso, perché in questo modo si possa fare giustizia con i mezzi del Vangelo.
Occorre tener presente questa logica e questo modo di essere di Dio.
  • Un cenno al Vangelo dove si dice che Gesù trova il tempio profanato e per questo interviene con energia estrema. Non è un gesto di violenza, ma un segno profetico. L’hanno capito i discepoli nel ricordare lo zelo con cui Dio parla della sua Casa, cioè la passione per l’autenticità dell’atto di culto. In sostanza vuole dire questo: vivere la fede e la religiosità in modo autentico; diversamente diventa strumento di potere. L’atto religioso va compiuto nella sua verità, almeno come tensione e cammino.
Altro spunto: “Allora i Giudei presero la parola e gli dissero: «Quale segno ci mostri per fare queste cose?». Rispose loro Gesù: «Distruggete questo tempio e in tre giorni lo farò risorgere».”
Sembra una battuta, in realtà i discepoli non avevano capito che il tempio non era quello di mattoni, ma era il suo corpo. Infatti, dopo la morte ci sarà la Resurrezione.
Per noi il senso importante da cogliere è che Dio lo troviamo prima di tutto in Gesù. Il vero tempio è Gesù e per tempio intendo il luogo dove io entro in comunione con Dio, dove Dio mi parla con la sua Parola e mi ascolta e io ascolto i fratelli. Ciò che è fondamentale è che il corpo viene distrutto e rifatto con la Resurrezione, quindi il tempio di Gesù non è astratto. Entrare nel tempio che è Gesù vuol dire seguirlo e vivere la vita.
Questo mette in primo piano che Gesù non è uno spiritualista o uno che cerca una fede evanescente, ma uno che cerca la fede vissuta nel quotidiano con gesti concreti ispirati dallo Spirito Santo.
Lo Spirito Santo chiede atti concreti, così come ha fatto il corpo di Gesù e lo ha fatto abitazione di Dio, Dio in carne umana.
Il primo passo per noi è valorizzare tutti i segni che in qualche modo evidenziano la ‘corposità’ di Dio.
Per questo diciamo che la comunione è il corpo di Cristo e così per i deboli e i poveri.
Un secondo punto è il fatto che la familiarità del tempio che è Gesù fa di noi un tempio. Si dice nella Scrittura: “ il vostro corpo è tempio dello Spirito”, perché fa corpo con Cristo eternamente e per sempre incarnato. A questo punto è importante riconoscere il valore del nostro corpo, averne rispetto senza essere idolatri o distruttori del corpo.
Un terzo punto: come può esserci Dio in un corpo ammalato, in un corpo rovinato dall’alcool, dalla droga, in un corpo deformato o mutilato?
Dio ha scelto di amare e di essere soprattutto in questi corpi. Tutto ciò esprime la logica rovesciata di Dio espressa nella seconda lettura: Gesù abbraccia, privilegia, tocca il lebbroso, solleva l’ammalato, si lascia toccare dalla peccatrice, si lascia lavare i piedi con scandalo dei presenti.
In conclusione: dalla coscienza che Gesù è corpo alla coscienza che anche noi siamo corpo fino a scoprire la presenza di Dio là dove nessuno pensa che potrebbe esserci, negli ultimi posti.


MESSAGGIO

Il corpo di Gesù: “Tempio” dell’autentico culto in Spirito e Verità
Gesù nel suo corpo è il luogo definitivo dove l’uomo incontra Dio Padre in verità.
In Gesù, Parola vivente, immagine perfetta, il Padre si mostra, si fa conoscere, ci parla, ci ascolta nella normalità concreta della vita quotidiana.

Il nostro corpo : abitazione dello Spirito Santo
Con Gesù, anche il nostro corpo è fatto abitazione dello Spirito, sua presenza luminosa e attiva nell’interiorità misteriosa della persona.

In Gesù e per il suo Spirito diventiamo capaci di discernere la presenza del Signore specialmente nelle persone più disprezzate e insignificanti.


RICHIAMI

Il corpo disfatto dalla malattia, dagli stenti,
dalla denutrizione… dal vizio, dalle droghe…
corpo ridotto ad oggetto, che si butta,
si vende, si compra…
Il corpo che pesa, che urla, invoca…
Il corpo irriconoscibile, ripugnante…

E’ ancora il tempio di Dio?
Gesù dice che Lui è lì in modo speciale,
che è la sua dimora.


I SENTIERI DELLA GIOIA


1 - Lettura in positivo delle “ Dieci Parole ”
Le “ Dieci Parole ” solitamente sono chiamate i comandamenti. Questi sembrano suggerire degli ordini con delle sanzioni punitive … in realtà esprimono cammini di liberazione, di vita e di gioia.
Con queste “dieci Parole”, Dio non si stanca di metterci in guardia da possibili smarrimenti, inganni, violenze. Anche nella forma negativa, esse esprimono la volontà positiva di bene da parte di Dio.

2 - Le “ Dieci Parole ” alla luce di Gesù.
Questo fatto tocca la pienezza di Gesù
Gesù ci rivela il vero volto di Dio che è quello del PADRE misericordioso e ricco di amore per noi, suoi figli
Le “ Dieci Parole ” non sono ordini di un padrone, ma rivelazione e offerta di una sorprendente comunione.
Il seguirle non è piegarsi ad una costrizione, ma rispondere all’amore con l’amore.
  • GESU’, il figlio, fratello nostro, ci mostra, con la concretezza del suo agire quotidiano, la bellezza e la fecondità delle “dieci Parole”
  • GESU’, donandoci il suo Spirito, rende possibile e sperimentabile la gioia e la bellezza del vivere le “dieci Parole” e ci comunica la forza per attuarle.
3 - Unità e gerarchia della “dieci Parole”.
Esse riguardano i vari aspetti dell’esistenza umana e delle situazioni: l’uno richiama l’altro, ma con diversa caratterizzazione:
  • rapporto con Dio ( 1.2.3.)
  • rapporto con uomini e cose ( 4.5.6.7.8.9.10 )
Ma il richiamo più forte, l’energia più potente, la sintesi più unificante è il COMANDAMENTO NUOVO e più ANTICO :
il Comandamento dell’AMORE !

Le 10 parole di Dio
per essere felici

Adora un solo Dio e àmalo al di sopra di ogni cosa.
Il nome di Dio è santo: non pronunciarlo invano.
Ogni domenica celebriamo la Pasqua del Signore.
Onora tuo padre e tua madre come il Signore ci ha comandato.
Non uccidere: rispetta la vita umana.
Non commettere adulterio: ama fedelmente.
Non manipolare l’uomo: assicùragli libertà e dignità.
La tua testimonianza sia verace: parla bene del tuo prossimo.
Il tuo desiderio di amare sia assolutamente puro.
Guarda il tuo prossimo senza bramare i suoi beni:
vedi ciò che puoi condividere con lui.


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