domenica 16 ottobre 2011

Diario di un malato di Parkinson (1990-1998) - (3)


Fidenza Chiesa di S. Michele, la facciata
 Quello che segue è la terza parte del Diario di Don Lino pubblicato nel luglio 2005. Seguiranno via via le altre parti del Diario
 (3)

"Egli deve crescere, e io invece diminuire"
                                              Gv 3,30

07 gennaio 1995
Nel corso delI'anno appena concluso si è accentuata la difficoltà motoria e la deviazione del tronco al lato destro e in avanti.
A tutto questo si è aggiunto, forse come conseguenza, il tipico, insistente, dolore muscolare, simile al crampo. Il ricorso al farmaco (con un dosaggio mini: una pastiglia al dì) e l'avvio del programma di ginnastica correttiva, per adesso non hanno portato risultati soddisfacenti.
Anzi, la ginnastica in questa fase, essendo orientata a stirare la muscolatura del lato destro, immediatamente provoca una contro tensione muscolare, dolorosa in sé e tale da ulteriormente disturbare la deambulazione.
È concreta esperienza di lotta continua. Il dolore e l'impaccio sono lì, appena mi muovo. Viene la tentazione di restarmene sempre seduto. Invece mi devo vincere, indurire la faccia e via!
Avverto fisicamente il "peso" del corpo, come qualcosa che schiaccia, qualcosa da trasportare e che depongo con grande sollievo, quando mi siedo o mi corico.
Prima non era così: era il corpo che portava il corpo, cioè, che si autososteneva, senza che "io" ci pensassi. Ora sono "io" che lo porto e che, in ogni momento, debbo decidere di farIo.
L'apparente assenza di Dio è il segno della sua presenza.
Dio è tanto più presente, quanto più sembra scandalosamente assente.
Vivo la mia situazione che, a tratti, mi risulta particolarmente pesante e limitante, come grazia e segno di predilezione, perché mi rende partecipe del paradosso della presenza di Dio, pienamente rivelato in Gesù crocifisso.
E questo non per scelta o volontà mia ma per libera disposizione di Dio.

14 gennaio 1995
Riposo Salso - Mia situazione
Inizio oggi, sabato, questo "stacco", qui a Salso. Programma: ginnastica rieducativa e riposo. Dal punto di vista del parkinson, il '94 è stato l'anno, finora, più negativo: non solo per l'avanzare del morbo e relativo ricorso a l'L-Dopa, ma per il rapido aggravarsi della deviazione a destra, che rende molto faticoso il camminare e rischia di compromettere la colonna vertebrale.
Intanto mi si pongono due problemi pratici:
.:. difficoltà nell'armonizzare lo spirito dell'abbandono e dell'accoglienza della debolezza con lo spirito della lotta-per-vincere che occorre - e come! - per insistere in questa ginnastica correttiva;
.:. difficoltà nel tenermi aperto al Signore-persone-avvenimenti-pensieri e, insieme, concentrarmi sul mio corpo (che duole continuamente e, quindi, richiama, reclama, ha bisogno...) per curarIo.

19 gennaio 1995
Riposo: Sal so 14-21 gennaio '95 - Terapia come «sacramento»
Stasera, mentre ero steso sul tappeto per la ginnastica, mi è stata data la seguente intuizione a proposito della problematica che vivo di questi tempi e che ho annotato il 14 c.m.
Gli esercizi ginnici, come ogni terapia, per il credente in Cristo, appartengono all'universo sacramentale (1); si inseriscono nell'azione taumaturgica di Cristo, nella sua lotta contro il male (2).
La loro efficacia naturale si carica di nuova energia. In mano al credente sono confessione e implorazione dell'energia di Cristo, nell'obbedienza alla libera volontà del Padre.
In mano a Cristo sono via del suo libero agire per la liberazione dell'infermo, nei modi e nei tempi che non appartengono all'uomo ma solo a Di0 (3).

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1 In senso lato, di realtà creata, fatta spazio dell'agire di Cristo.
2 Questo inserimento è "oggettivo", in forza della natura delle cose: convergenza di finalità, la liberazione. E per la libera disposizione del Signore quale appare nell'UNZIONE (riferimento principale, fondante) dove 'il gesto terapeutico dell'ungere è assunto come segno efficace di CRISTO TERAPEUTA.
E "soggettivo" per il libero atteggiamento del credente, che intende vivere in Cristo non solo il travaglio della malattia ma anche l'avventura terapeutica, spesso dura quanto la stessa malattia. "Tutto si compia nel nome del Signore".
3 Questa prospettiva fa intravedere il superamento di ogni dualismo.

28 marzo 1995
Esperienza della Parola di Dio come chiamata concreta

Da circa un anno sto facendo una singolare (per me) esperienza di incontro con la Parola di Dio.
Questa. Alcune espressioni della S. Scrittura mi si sono mostrate capaci di definire la mia vocazioneoggi, come rivelative di ciò cui oggi sono chiamato, e acquistano per me-oggi-qui un senso concretissimo.
Le chiamo, appunto, PAROLA-VOCAZIONE.
La prima esperienza in questo senso l'ho fatta con la figura di Giovanni Battista. Quel suo definirsi con una serie di NO, l'ho avvertito, ad un certo punto, come indicativo di quanto mi era chiesto, nell'esperienza di malattia che sto tuttora vivendo.
Si stabilisce come un corto circuito tra la realtà e quella particolare parola, per cui l'una illumina l'altra.
Non si tratta di cogliere i vari significati di "quella parola", ma di essere come spinto a leggere e assumere quella "particolare realtà" alla luce di quella "particolare parola".
Per tornare all'esempio, nell'espressione di Giovanni Battista: "È necessario che io diminuisca e che Lui cresca", quel Lui ha assunto, con non poche mie resistenze, il senso di chiunque io abbia di fronte = lasciare spazio al Signore nella forma di ogni persona. Accettare con gioia (cfr. la presenza dello sposo) di essere sempre più niente, fare spazio, ritrarsi. Ma non come sforzo ascetico, bensì come adesione alla mia condizione, che mi conduce a dover cedere il passo a tutti e in tutto. In parrocchia: il fatto di non poter più visitare gli ammalati, incontrare le famiglie... il fatto che il presiedere mi risulta sempre più difficoltoso... Ancor meno in diocesi. Ogni giorno sono chiamato a fare come un passo indietro, con conseguente riduzione del fronte operativo.
La seconda esperienza di parola-vocazione l' ho fatta con il ricordo insistente di Qoelet, dove dice che c'è un tempo per ogni cosa (Qo 3,1). In passato leggevo questa pagina secondo una visione ciclica. Poi mi si è imposta quella lineare. Parola e vita si sono chiarite a vicenda. E allora, tramite la Parola "mi è stato detto" ed io ho compreso, che se per alcune cose (dal banale andare in bicicletta, al - ben più importante - promuovere tal une esperienze come i Ritiri a Benedello) il tempo era inesorabilmente passato, per altre il tempo era giunto.
Ho compreso che il tempo non è mai vuoto; che ogni tempo ha un suo dono. Allora il tempo della malattia non è un tempo maledetto, ma tempo di grazia, come ogni altro tempo; e la stessa malattia costituisce, è il mio lavoro, la mia opera, il mio ministero.
Terza parola-vocazione è: "Imparò l'obbedienza dalle cose che patì" (Eb 5,8). La sofferenza è una chiamata nitida, insistente, di fronte alla quale non c'è distrazione ma "sì" o "n"». È come una lima o una mola che educa alla resa, al "sì".

14 aprile 1995

Il Crocifisso

Ha dato tutto.
Nudo di tutto.
Ha dato se stesso:
la sua nudità.

Le mani inchiodate
non trattengono nulla,
fissate per sempre
nell'offerta di sé.

Si è dato a tutti.
Non lo possiede nessuno.
Nessuno è escluso:
anche l'ultimo è atteso.



21 maggio 1995
Mettere la propria debolezza a disposizione di Dio

Oggi non ho presieduto la celebrazione della MESSA DI PRIMA COMUNIONE. È la prima volta che succede da quando sono Parroco: il parkinson incomincia a mettere sul banco le sue cambiali.
Ho cercato di non indugiare sulla "cosa" per non lasciarmi prendere dalla commozione. I dolori al bacino e alla fascia muscolare corrispondente mi suggerivano l'assenza. E cosÌ anche l'imbarazzo per come sono oggi fisicamente.
Poi si è fatto strada in me questo pensiero: «lo non sono padrone neanche della mia debolezza da fame quello che voglio o che "mi sento". In fondo questa Eucarestia, sia per i ragazzi che per le famiglie e la comunità, è una delle più significative.
Proprio in riferimento al valore della Messa: concelebrare oggi è importante!». E ancora mi è stato suggerito «dentro»: «Metti la tua visibile debolezza a disposizione del Signore. Ne faccia Lui l'uso che vuole».

07 giugno 1995
Riposo a Salso 4-15 giugno - Quello che sto vivendo
Sono venuto essenzialmente per fare ginnastica. Vivo questo impegno come obbedienza e come atto di fede.
La ginnastica, nelle mie condizioni e nella quantità e qualità suggerita, non è cosa piacevole ma faticosa, sia in senso fisico sia in senso mentale, come controllo e disciplina.
La fede e l'obbedienza stanno in questo. Il discernimento della volontà di Dio e del che cosa mi è chiesto, esige che io faccia tutto il possibile per contrastare la «deviazione del tronco» che attualmente mi è di grave impedimento. Esige in particolare che io verifichi la possibilità o meno di una correzione tramite la fisioterapia.

18 novembre 1995
2° Degenza al «Don Gnocchi» Milano - Come Dio ci ama

(Sono a Milano, presso il «Don Gnocchi»).
Non ho dubbi sul fatto che Dio mi ami e che tutto faccia convergere al mio bene. Ma ho avvertito il rischio di proiettare su questo amore il mio egocentrismo.
Il fatto che «tutto» converga al «mio» bene non può essere inteso nel senso che «io» sono il centro degli avvenimenti, degli incontri, delle varie relazioni delle persone. In realtà Dio vuole il «mio» bene all' interno del bene di «ognuno e di tutti».
Dio vuole il «nostro» bene, e arricchisce gli uni con gli altri nella trama della comunione.

21 novembre 1995
2° Degenza al «Don Gnocchi» - Dio innalza e abbassa

Più o meno a quest' ora, nella mia Cattedrale, viene consacrato Vescovo un mio confratello, Mons. C.C.
Per contrapposizione penso ai confratelli ammalati (d.G.M. e d.R.D.) e, per questo, nel silenzio.
È Dio che, misteriosamente, innalza e abbassa!
Ma in che senso?
E se è lo stesso Dio che opera, perché si fa festa quando uno è innalzato e si fa silenzio quando uno è abbassato?
Non sarà che il criterio in pratica vincente non sia tanto l'agire di Dio quanto il successo mondanamente inteso?
Può essere. Tuttavia penso che, fino a quando siamo in cammino, si piange il Venerdì Santo, alla semina, e si gioisce e canta a Pasqua, alla mietitura.
D'altra parte l'innalzamento terreno non è definitivo e domani può mutarsi in abbassamento e viceversa.
Soprattutto colui che è «innalzato» è inviato a colui che è «abbassato» per innalzarlo onorandolo.
Nel Vescovo (ma anche nel battezzato) che accosta l'ammalato c'è Cristo, che continua la sua attenzione all'uomo che soffre. E nell'uomo che soffre (intendo: in «quest'uomo» concreto, preciso) c'è pure Gesù in perenne agonia.
Diversi i modi ma pari dovrebbe essere la nostra attenzione, se vogliamo guardarci dallo spirito mondano.

23 novembre 1995
2° Degenza al «Don Gnocchi» - Mons. Nìcola, del Kossovo, ricoverato accanto a me
Questa mattina è stato ricoverato, proprio nel letto accanto al mio, il Vescovo albanese Mons. Nìcola, per un ciclo di cure e di controllo alla protesi della gamba destra.
«E così - mi son detto - a forza di pensare a Vescovi e ammalati, il Signore ha mandato qui un Vescovo che è anche ammalato. Doppio carisma!».
L'avevo conosciuto in luglio, alla mia prima degenza. Ho un'ottima occasione di servizio, anzi, due: al Vescovo e all'infermo!

P.S.
Quanto a me, e lo segno una volta per tutte, vivo la mia situazione paradossalmente come innalzamento anche per l'attenzione e l'affetto che mi viene dato dai vicini e dai lontani. È un dono prezioso anche per contrastare la malattia.
Perché tanti hanno solo il deserto?

1 3 febbraio 1996
Mia situazione

Continua la spinta forte a tener fisso lo sguardo in Gesù, e in Gesù crocifisso.
Al tempo stesso avverto la mia inadeguatezza a tutto fronte.
Più è viva la coscienza della verità, della bellezza di Gesù, di quello che Lui è oggettivamente per tutti e quindi di come cambierebbe la vita di tutti


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